“Porgi l’altra guancia”: Il significato rivoluzionario delle parole di Gesù nel Vangelo

da | Apr 9, 2025 | Leadership Cristiana, Stili di guida ispirati al Vangelo | 0 commenti

“Se uno ti percuote la guancia destra, porgigli anche l’altra” (Mt 5,39): tra le frasi più controverse e fraintese del Vangelo, questa esortazione di Gesù continua a provocare reazioni forti anche oggi. È davvero un invito alla sottomissione passiva? O nasconde una forza trasformativa capace di spezzare il ciclo della violenza?

Nell’epoca della reazione immediata e della giustizia personale, le parole di Gesù assumono una valenza dirompente: ci chiamano a un cambiamento radicale del cuore, a una logica diversa da quella del mondo. In questo articolo esploreremo cosa significa davvero “porgere l’altra guancia”, dove si trova nel Vangelo, come è stato interpretato nel tempo e come possiamo viverlo nella nostra quotidianità.

1. Dove si trova la frase “Porgi l’altra guancia” nel Vangelo

a) Il passo del Vangelo di Matteo

La celebre espressione “Porgi l’altra guancia” si trova nel Vangelo di Matteo, capitolo 5, versetto 39, all’interno del Discorso della Montagna, uno dei momenti più alti e rivoluzionari dell’insegnamento di Gesù:

“Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra.”
(Matteo 5,39)

Gesù pronuncia questa frase subito dopo aver ricordato la legge del taglione (“Occhio per occhio, dente per dente”), capovolgendola completamente. Non si tratta più di rispondere al male con il male, ma di rompere la catena della violenza con un gesto di disarmante mitezza.

b) Il contesto del Discorso della Montagna

Il Discorso della Montagna è un concentrato di etica evangelica, dove Gesù propone una logica nuova, basata sull’amore radicale, sul perdono e sulla misericordia.
In questo contesto, porgere l’altra guancia non significa restare passivi davanti al male, ma rifiutarsi di giocare secondo le regole dell’aggressore, offrendo una risposta che spiazza, che disinnesca, che rivela la forza della dignità interiore.

2. Cosa significa “porgere l’altra guancia” secondo Gesù

a) Non vendetta, ma trasformazione del conflitto

Il messaggio di Gesù non è un elogio della debolezza, ma una sfida rivoluzionaria: anziché vendicarti, spezza il ciclo della violenza con la non-resistenza.
Porgere l’altra guancia significa non lasciare che il male contagi anche te, ma trasformarlo con la forza del bene. È un gesto che afferma: “Tu puoi colpirmi, ma io non entrerò nella tua logica di odio.”

Non si tratta, quindi, di accettare passivamente l’ingiustizia, ma di rispondere in modo superiore, mantenendo il controllo morale della situazione e offrendo un’alternativa etica.

b) La forza della nonviolenza cristiana

Questa frase ha ispirato grandi figure della storia come Gandhi, Martin Luther King Jr. e molti altri promotori della nonviolenza attiva.
Nel Vangelo, la nonviolenza non è assenza di azione, ma una resistenza spirituale che rifiuta il male senza diventare essa stessa malvagia.
Porgere l’altra guancia diventa così un atto di coraggio, di padronanza di sé, di fede nella giustizia di Dio e nella possibilità che anche l’altro, vedendosi disarmato, possa cambiare.

3. Interpretazioni teologiche e spirituali

a) L’insegnamento dei Padri della Chiesa

Fin dai primi secoli del cristianesimo, i Padri della Chiesa hanno interpretato l’invito a porgere l’altra guancia come una testimonianza eroica di fede e carità.
Origene, ad esempio, vedeva in questo gesto la capacità del cristiano di superare il desiderio naturale di ritorsione per conformarsi all’amore di Cristo.
Sant’Agostino lo considerava un’imitazione concreta della pazienza divina, mentre Giovanni Crisostomo lo descriveva come un comportamento da vivere “non per umiliazione, ma per elevazione spirituale”.

In generale, i Padri hanno sempre letto questo versetto non come sottomissione passiva, ma come affermazione della libertà interiore del cristiano, capace di amare anche quando viene ferito.

b) La visione moderna: da Gandhi a Martin Luther King

Nel XX secolo, il principio evangelico di porgere l’altra guancia è stato ripreso e attualizzato da figure di grande spessore morale e sociale.
Mahatma Gandhi, pur non essendo cristiano, riconobbe nel Vangelo una fonte di ispirazione per la sua filosofia della nonviolenza attiva (ahimsa).
Martin Luther King Jr., invece, fondò la sua battaglia per i diritti civili proprio sull’etica cristiana della risposta pacifica, capace di smascherare l’ingiustizia senza alimentare l’odio.

Entrambi hanno dimostrato che porgere l’altra guancia non è un invito alla rassegnazione, ma uno strumento potente di trasformazione sociale e personale.

4. Come applicare questo insegnamento nella vita quotidiana

a) Perdono, pazienza, equilibrio

Vivere oggi il messaggio di porgere l’altra guancia significa scegliere la via del perdono, della pazienza e dell’equilibrio.
Nel quotidiano possiamo applicarlo:

  • evitando di reagire impulsivamente a un’offesa;
  • interrompendo discussioni che degenerano in attacchi personali;
  • mostrando empatia a chi ci ferisce, cercando di comprendere piuttosto che condannare.

Significa scegliere la pace, non perché siamo deboli, ma perché abbiamo la forza di agire diversamente.

b) Differenza tra debolezza e forza spirituale

Uno degli errori più comuni è confondere porgere l’altra guancia con subire tutto in silenzio. In realtà, si tratta di una scelta consapevole, non di passività.
Chi porge l’altra guancia lo fa da una posizione di forza interiore, per affermare che la dignità personale e l’amore sono più forti della violenza.

Gesù stesso, che ha pronunciato queste parole, non ha mai approvato l’ingiustizia, ma ha risposto con la fermezza della mitezza. E questa è la vera sfida per ogni cristiano: essere forti non per dominare, ma per amare.

5. Quando l’insegnamento viene distorto

a) Abusi spirituali e interpretazioni manipolative

Nel corso della storia — e purtroppo ancora oggi — l’insegnamento evangelico del “porgere l’altra guancia” è stato talvolta strumentalizzato per giustificare abusi, sottomissione forzata e silenzi colpevoli.
Alcuni ambienti religiosi hanno interpretato questo messaggio come dovere assoluto di subire ogni male, annullando la libertà e la dignità della persona.

Questa manipolazione del testo sacro ha portato molti credenti a sentirsi in colpa per il solo fatto di difendersi, denunciare, o dire “no” a situazioni ingiuste. Ma l’intenzione di Gesù era tutt’altra: non chiedeva di annullarsi, bensì di rispondere al male con una forza superiore: l’amore che disarma.

b) Il confine tra sottomissione e dignità

È fondamentale distinguere tra umiltà cristiana e passività distruttiva. Porgere l’altra guancia non significa subire in eterno abusi fisici, morali o spirituali.
Gesù non invita a rimanere nelle relazioni tossiche o oppressive, ma a rispondere con una forza interiore che non cede all’odio.

Il cristiano è chiamato a difendere la dignità propria e altrui, anche quando sceglie la via della mitezza. La vera imitazione di Cristo è quella che resiste senza violenza, ma senza smettere di proteggere il bene, la verità e la giustizia.

6. Conclusione

a) Riflessione finale sul significato evangelico

“Porgi l’altra guancia” è una delle frasi più radicali del Vangelo. Non è un invito alla sottomissione, ma una chiamata a vivere secondo una logica diversa, che rompe il ciclo dell’offesa con la potenza della misericordia.

È un appello alla libertà interiore, al coraggio di rispondere senza vendetta, alla fiducia che il bene può vincere anche quando tutto sembra suggerire il contrario.

In un mondo dove la reazione aggressiva è la norma, Gesù ci propone una rivoluzione silenziosa e potente: quella dell’amore che non cede all’odio.

b) Citazione ispirazionale dal Vangelo

“Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente.
Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra.”
(Matteo 5,38-39)

c) Approfondimento consigliato

Quando gli insegnamenti evangelici vengono usati per giustificare il controllo, la paura o la sottomissione, è doveroso fermarsi e riflettere.
Un esempio emblematico è quello dell’organizzazione dei Testimoni di Geova, dove frasi come “amore” o “verità” sono talvolta usate per imporre regole rigide, esercitare ostracismo, e controllare la coscienza individuale.

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